il mito di BARTABAS, tra rito, sacro e profano.

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Nella pista circolare scorrono le immagini da lui create, e sono cicli, metamorfosi, racconti nomadi che portano tracce delle terre percorse, della ricerca dell’origine.

Photos Piero Tauro – All rights reserved
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Canti del Kerala, o tibetani, o del Rajastan, musiche berbere, voci coreane, ma anche la Sagra della primavera di Igor Stravinskij o il Dialogue de l’Ombre Double di Pierre Boulez accompagnano, o meglio dirigono, la creazione di forme e di armonie che uomini e cavalli eseguono danzando la più antica storia dell’uomo sotto la guida di Bartabas.

“Loungta” Zingaro Theatre Equestre – photo Piero Tauro – All rights reserved

L’equipe di Zingaro – quaranta persone e trenta cavalli che vivono e si spostano sempre insieme – arriva nella pista di sabbia color ocra e lo spazio si anima. Profumi, musiche, colori e voci cancellano ogni possibile riferimento al circo. Arte equestre e musicale è quella da loro inventata, un’arte che ha creato otto spettacoli in venti anni, per dare il tempo agli animali di imparare, di esser pronti, di trovare la forma del loro movimento.

Questi cavalli infatti danzano, ascoltano, giocano sulla pista. Si bagnano nelle luci d’oro rotolando dolcemente sulla schiena al centro della scena, e le luci rivelano nei loro movimenti la perfezione dei muscoli, l’equilibrio delle forme, la padronanza del corpo.

Bartabas in Cabaret Equestre (video)

Bartabas in Loungta (video)

Bartabas in Le Centaure et l’animal (video)

Si entra in un mondo, andando a vedere uno spettacolo di Zingaro. Un mondo nel quale la vicinanza fra l’uomo e il cavallo è una scelta e uno stile. Di vita. Ma anche d’arte. Le creazioni nascono dal profondo contatto con gli animali, e non si tratta solo di addestramento o di tecnica, ma di unione. Si sa che i cavalli di Bartabas non provano più di un’ora al giorno e, quando anche un’ora diventa troppo, vengono messi a riposo nelle grandi campagne dove si limitano a passeggiare. Ma allora bisogna sceglierne di nuovi, e occorrono anni prima che i puledri siano pronti, prima che capiscano cosa si vuole da loro. Infatti, sforzarli o far loro ripetere un movimento è controproducente perché bisogna rispettare i loro tempi e aspettarli. Per questo ci vogliono più di due anni perché una creazione possa essere presentata al pubblico.

Bartabas – photo Piero Tauro – All rights reserved

Due occhi che guardano oltre. Un teatrante i cui spettacoli non raccontano storie, nessuna parola viene pronunciata, non c’è messaggio sociale né intento educativo. È danza, silenziosa preghiera; visione di un’armonia che ne materializza la mancanza.

DALLA ENCICLOPEDIA TRECCANI
Bartabas. – Pseudonimo con cui è noto il regista, coreografo e maestro di equitazione francese Clément Marty (n. Courbevoie 1957). Artista policentrico e innovativo sperimentatore di tecniche espressive che coniugano con estro ed eleganza danza, commedia e arte equestre, dopo l’esordio nel 1977 al Festival di Avignone con un lavoro off, nel 1985 ha fondato la compagnia Le théâtre équestre Zingaro, che ha debuttato nello spazio circense di Aubervilliers (Parigi) con lo spettacolo Cabaret équestre (1984-90), cui hanno fatto seguito tra gli altri Opéra équestre (1991-93), Chimère (1994-96), Éclipse (1997-1999), Triptyk (2000-2002), Loungta (2003-2005), Entr’aperçu (2004), Battuta (2006-2009), Darshan (2009-10) e Calacas (2011-12). Tra i suoi lavori più recenti, maggiormente tesi a esplorare territori intimisti esaltando la spiritualità che emerge dall’impattante presenza scenica dei cavalli, si segnalano Le centaure et l’animal (2010) e Golgota (2013).