Georg Büchner Robert WilsonTom Waits

Regia, luci, scene Robert Wilson
Co-disegno luci A. J. Weissbard
Musica e testi Tom Waits, Kathleen Brennan
Adattamento Wolfgang Wiens, Ann-Christin Rommen
Traduzione danese Peter Laugesen
Assistente alla regia Ann-Christin Rommen, Bill Holmerg
Costumi Jacques Reynaud

Interpreti Jeans Jørn Spottag (Franz Woyzeck), Kaya Brüel (Marie), Morten Eisner (il Dottore), Marianne Mortensen, Ole Thestrup (Il Capitano), Ann-Mari Max Hansen (Margreth), Morten Lützhøft (Andres), Benjamin Boe Rasmussen (Karl, un idiota), Tom Jensen (Tamburmaggiore), Troels II Munk (Imbonitore), Louise Hansen, Morten Thorup Kodal, Nicolaj Darre, Anders Thorup Jensen, Bent Larsen, Siska Methe Katrine Rasmussen, Andreas Møllerøj

Interpreti (musicisti) Bent Clausen (direzione, pianoforte, marimba, banya, batteria, percussioni), Bebe Risenfors (armonica, organetto di barberia, campana, clarinetto, tromba, tuba, trombone, percussioni), Johan Norberg (trombone, tuba, percussioni), Berit Hessing (violoncello), Hugo Rasmussen (contrabbasso), Peter Fuglsang (sassofono contralto e tenore, clarinetto basso, flauto, flauto piccolo)

Produzione Betty Nansen Teatret con The Danish Ministry of Culture, The Danish Secretariat for International Cultural Relations, The Danish Theatre Council, Greater Copenhagen Authority, The BG Foundation, MA Lighting and Sennheiser

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…………….”Woyzeck mi attrae perché è un’opera drammatica che fra cinquecento anni continuerà ad essere interessante: è più moderna della maggior parte delle opere alle quali posso pensare. Questo dipende dal fatto che Woyzeck è costruito in modo molto musicale, al suo interno ci sono grandi blocchi di architettura e costruzioni alle quali non si sono aggiunte cose qualsiasi. Non c’è psicologia, e questo la rende un’opera molto diretta; ma allo stesso tempo tratta i misteri della vita. Non è un testo fuori dal tempo: Woyzeck è pervaso dalla sua epoca, anche se ha una costruzione classica perché segue un pensiero classico. Georg Büchner doveva essere un genio per averlo scritto, e averlo scritto così giovane.

È anche una storia d’amore. Una storia d’amore meravigliosa perché è strana.
Con Tom Waits abbiamo cominciato pensando una infinità di cose per lo spettacolo e, a un certo punto, abbiamo cercato di non pensare più a niente. Si comincia con l’avere molte idee e si scava il testo. E tutto diventa molto complicato. Poi alla fine si riaffiora, si dimentica tutto, e si tengono solo le sensazioni. È come separarsi da un bambino: lo si vede crescere e a un certo punto si deve riconoscere di non avere più influenza su di lui.
Se parlo troppo dello spettacolo prima di cominciare le prove, alla fine faccio solo quello di cui ho parlato, invece di lasciare che il testo mi parli.
Trovo incomprensibile l’abitudine europea di fare prove a tavolino per mesi: è meglio andare nello spazio, osservare e reagire a ciò che si sente. È sempre meglio agire. Si impara a camminare camminando.”.
………………………..Robert Wilson

Büchner, Wilson, Waits: sul palcoscenico del Teatro Valle si realizza un incontro unico, un esperimento teatrale multidimensionale che fa della pluralità dei linguaggi il suo punto di forza decisivo.
Attorno al Woyzeck, assoluto e perturbante capolavoro, si sono mossi in assoluta simbiosi Robert Wilson, regista noto in tutto il mondo per la sua rivoluzionaria concezione della luce e della composizione dell’immagine, e Tom Waits, musicista dalla voce inconfondibile e dallo stile burbero e romantico, cinico ed idealista. Ne è nato uno spettacolo, esteticamente sofisticato nelle linee e profondamente umano nella espressione, in cui la recitazione composta, a volte straniata, degli attori del danese Betty Nansen Teatret traccia personaggi del tutto organici, definiti nella linea interiore ed esteriore.
Considerato a buon diritto tra le innovative pièce del teatro tedesco dell’ottocento, Woyzeck rivive in questo allestimento in tutta la sua attualità e in tutta la sua capacità di parlare all’uomo moderno, grazie ad un singolare incontro di fantasia, rigore, coraggio e talento che, giocando liberamente, ha saputo ri-raccontare una storia universale. (dal sito Romaeuropa Festival)

“Le due ore di superbi linguaggi cromatici e di geniale serializzazione di uno dei testi migliori del dramma europeo che Robert Wilson ha tratto dal Woyzeck di Büchner con le musiche di Tom Waits oscillanti fra opera, ballata e club culture, hanno registrato un’ovazione interminabile alla “prima” italiana al Teatro Valle nell’ambito di Romaeuropa Festival. La cifra dello spettacolo è esplosa fin dalla scena iniziale, eletta a epigrafe di tutto il lavoro: la babilonia del baraccone fieristico viene tradotta in alta scuola di clownerie espressionista con un imbonitore uscito da una tela violenta di Kandinsky, e con la presenza di tutta una pletora stupefacente di personaggi-caricatura fra il fumetto d’autore, Grosz e l’incubo metafisico. Lo spettacolo è quasi una summa del teatro di Wilson, anche se si potrebbe dire che le strutture visive, straniate e levigate di Wilson non cambiano da due decenni, ma forte è la tensione di una vera e propria drammaturgia delle luci, formidabile si riconferma lo studio delle dimensioni e delle linee, meticoloso l’uso dei corpi degli attori, e appropriatissimo il connubio, il terzo del loro percorso artistico, tra il regista e Tom Waits, il quale aggiorna con graffi sonori e fragori la lezione di Weill. Raro ed emozionante professionismo della troupe danese (che recita e canta in inglese) del Betty Nansen Teatret di Copenaghen”.
(Rodolfo Di Giammarco, La babilonia di Woyzeck tra i graffi sonori di Waits, la Repubblica, 13 ottobre 2002)

“Bob Wilson ha incontrato Weill o Tom Waits ha incontrato Brecht? Non importa, il succo è che il loro Woyzeck funziona magnificamente, come funzionò il tandem degli autori dell’Opera da tre soldi. Siamo di fronte alla scintilla, all’incontro della pietra con l’acciarino, a quel momento magico che a volte si insegue per una vita senza mai raggiungerlo. In Büchner – in questo Büchner presentato in un’affollatissima première del Romaeuropa Festival al Valle – si trovano e si accendono in nozze alchemiche il romanticismo cavernoso di Waits e la stilizzata fantasia di Wilson. L’uno allestisce un circo amaro di silhouettes, una regia millimetrica di passi, movenze, spazi e fasci di luce. L’altro lo irrora dall’interno di sangue, sudore e lacrime, lo tridimensionalizza con la visceralità delle sue note”.
(Rossella Battisti, Wilson & Waits: è questa l’apocalisse, l’Unità, 13 ottobre 2002)

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